Paese che vai

    APPUNTI E CURIOSITA’ SU TRADIZIONI E COMPORTAMENTI LOCALI

    ARABI  (Paesi Arabi) – Gli occidentali non devono guardare le donne arabe. Se poi una donna è incinta diventa gravissimo perché una superstizione chiamata “l’occhio del diavolo” dice che lo sguardo dello straniero (specie se di colore azzurro) può provocare malattie. Un brusco gesto di congedo fatto con il dorso della mano accompagnato dalla parola “halas” vuol dire “ho finito di mangiare, potete portare via!”. La stretta di mano (usanza occidentale) è comunque “molle”. Per dire grazie preferiscono alla parola un cenno con la testa.  Unire il pollice a tutte le dita della mano significa: “un attimo di pazienza”.  Per evitare eventuali reazioni negative di un interlocutore, ad ogni richiesta di informazione si tenta sempre si dare una risposta anche se consapevolmente sbagliata. Un padrone di casa non dirà mai ad un ospite di andarsene, quindi quest’ultimo lo dovrà capire da alcuni gesti come l’accensione di un narghilè o altri segni di fine serata.  E’ comune vedere due uomini camminare mano nella mano (non è segno di omosessualità ma di amicizia). I nomi propri delle persone sono estremamente lunghi. Esiste una struttura logica che viene utilizzata ogni volta e che rende omaggio ai discendenti di ogni singola persona. Generalmente nel nome proprio di un uomo abbiamo: il suo nome seguito da quello del padre, da quello del nonno ed infine dal cognome. Quindi nei nomi di uomini appare la parola “bin” che significa figlio di. Per le donne il procedimento è identico, diversa è la parola che compare in tutti i nomi: “bint” che significa figlia di. Quando una donna si sposa il suo cognome non varia, mentre i suoi figli ottengono il cognome del marito.

    AMERICA LATINA – E’ grande maleducazione non guardare negli occhi una persona con la quale si parla, più grave se si è in EQUADOR o in VENEZUELA.

    ARGENTINA – Per chiamare una persona bisogna agitare una mano con il dorso rivolto verso l’alto (per gli europei sarebbe un congedo).

    BAHREIN – Chiamare qualcuno schioccando le dita NON è un gesto maleducato, anzi si può aggiungere un fischio. Le persone dello stesso sesso si salutano con due baci per ogni guancia.

    BRASILE – Il segno fatto con il pollice che per noi significa “OK” per i brasiliani significa “grazie”.

    CAPOVERDE – “Obrigado” se si è uomo, “Obrigada” se si è donna: è sempre consuetudine ringraziare qualsiasi persona con cui abbiate un contatto. Il ringraziamento è come se fosse una forma di saluto a tutti gli effetti. Va poi considerato che si è in un paese africano e che spesso gli usi ed i costumi locali ci appaiono ridicoli. E’ buona norma evitare sorrisi compatiti davanti a robuste signore con 15 Kg di patate sulla testa o di osservare la pulizia del pesce nelle aree portuali con aria schifata. Infastidirsi poi per le lunghe code alla banca o per la lentezza della cassiera del supermercato è di cattivo gusto e fuori luogo. Siamo in un paese africano ed i ritmi, gli orari, la prontezza non è certo quella che possiamo trovare a Milano od a New York. L’espresso sarà spesso una brodaglia al colmo della tazzina. Il pretendere a tutti i costi un caffé d’orzo macchiato in tazza piccola od una tisana depurativa diventa spesso ridicolo e privo di buon senso proprio nel rispetto delle abitudini locali. Lo sbraitare ad alta voce nei luoghi pubblici, l’infastidirsi se la copertura GSM è debole, l’irritarsi se l’autista decide di far tappa durante il viaggio presso un amico, vale come sopra. Infine, va benissimo cercare di contrattare il prezzo del minibus o della maglietta ma limitarsi sempre nella richiesta dello sconto. I capoverdiani non si divertono a trattare sul prezzo come le popolazioni arabe.

    CINA – I biglietti da visita vanno dati con entrambi le mani dopo aver salutato.  Chi chiede conti separati al ristorante è considerato un “miserabile”.  Per indicare qualcuno bisogna farlo con la mano intera anziché un dito.  Mai indicare qualcuno con la parte meno nobile del corpo: i piedi (usanza comune in molti paesi orientali).  Evitare di mostrare anche solo per sbaglio la suola delle scarpe. E’ maleducazione accavallare le gambe. Mai dare una pacca sulle spalle o semplicemente toccarle.  Se i piedi sono la parte meno dignitosa del corpo, la testa è la più nobile…quindi evitare assolutamente di toccarla. I cinesi odiano rispondere “NO” a chiunque, quindi è buona norma formulare una domanda con più possibilità di risposta per evitare di costringerlo ad usare il “no”.  In Cina (ma anche in altri paesi asiatici) ammettere di non sapere qualcosa vuol dire “perdere la faccia”, quindi se si chiede ad esempio un’ informazione si avrà sempre una risposta anche se potrà essere completamente falsa; evitare di mostrare fastidio per questa pratica per non fare una pessima figura.  Se andate ad una festa non vestitevi di bianco poiché è il colore del lutto.  Il crisantemo è il fiore dell’amore e non come da noi il fiore dei morti (infatti noi esprimiamo il nostro affetto verso i defunti con questo fiore, gli orientali lo esprimono anche ai vivi!). Il saluto con il bacio sulle guance va assolutamente evitato.

    COLOMBIA – Indicare una certa misura di lunghezza (come si usa da noi) utilizzando entrambi gli indici puntati può essere scambiato per un gesto volgare.

    COREA – I biglietti da visita vanno dati con entrambi le mani dopo aver salutato. Mai stringere la mano ad una donna coreana.  Il bicchiere non deve essere riempito autonomamente ma dalla persona che siede di fronte.

    CUBA – Il Carnevale è un momento culminante per la musica ed il divertimento in genere, è festeggiato in tutto il Paese in periodi diversi dell’anno, il più famoso è sicuramente il Carnevale di Santiago che si celebra a fine luglio.

    EGITTO – L’Egitto, seppur con una forte impronta moderata, è un paese mussulmano: il suo popolo deve quindi rispettare precise regole di comportamento che non sono obbligatorie per i turisti, ma che è sempre utile sapere. Sarebbe buona norma, nei luoghi pubblici, indossare vesti o pantaloni lunghi e camicie che coprano le braccia. E’ obbligo, come succede anche nelle chiese cristiane, visitare le moschee con un abbigliamento serio. Quando si scattano fotografie, è meglio evitare di riprendere le persone, perché l’Islam proibisce la riproduzione di esseri umani. Non è educato consumare bevande alcoliche per strada perchè il Corano lo proibisce. Soprattutto durante il Ramadan, è cattiva educazione consumare bibite, cibi e fumare sigarette in pubblico durante il giorno. Può inoltre capitare di vedere coppie di uomini passeggiare mano nella mano: questo è un uso egiziano che simboleggia amicizia. Le persone dello stesso sesso si salutano con un solo bacio sulla guancia. Anche qua, in particolar modo per le località turistiche del Mar Rosso, usi e costumi locali sono alquanto opinabili. Le persone saranno felicissime di scattare qualche foto con voi (chiedendovi spesso qualche Euro), il loro linguaggio sarà colorito da varie espressioni italiane non certamente educate, ed anche il sentimento e la pratica religiosa rimarranno quasi impercettibili. Una nota particolare va certamente prestata all’arte della contrattazione. In qualsiasi bazar o mercato verrete letteralmente presi per le braccia e trascinati all’interno dei negozi con la solita scusante di un infuso di karkadé o menta. L’abilità egiziana dell’arte oratoria (vi parleranno un corretto italiano e spesso numerosi dialetti) farà in modo che dopo tante attenzioni vi sentiate in dovere di acquistare ciò che il negozio vende. E così spesso va a finire. Dal ciondolo con lo scarabeo, ai papiri, dall’olio profumato al narghilé (la tipica pipa ad acqua). Spesso tale comportamento potrà infastidirvi e l’insistenza all’acquisto può davvero creare una sorta di esaurimento. Inutile dire che il borbottare in continuazione o l’assumere atteggiamenti di profondo fastidio è di cattivo gusto e poco educato. Gli egiziani, come molte altre popolazioni mediorientali, provano un profondo gusto per la contrattazione e ciò che a noi può davvero sembrare fastidioso per loro è un normalissimo modo di essere. Va detto infine che i prezzi vengono mediamente caricati di un 50% e su tale rapporto verrà condotta la contrattazione. L’illudersi di essersi portati a casa, dopo una contrattazione a nostro favore, un oggetto ad un prezzo stracciato è il fine ultimo del venditore egiziano. Il venditore avrà sempre e comunque modo di vendervi l’oggetto al prezzo da lui pensato e spesso vi distrarrà regalandovi collanine di argento (che non è mai argento) o qualche altra cianfrusaglia che, anche in questo caso, ha per lui pochissimo valore. Sempre, in Egitto, viene chiesto il bakschich, la mancia, per ottenere un miglior servizio.

    ETIOPIA – Mai fumare in presenza di un prete. Nelle chiese cristiane si entra scalzi.  Il giorno è curiosamente diviso in due parti di 12 ore che iniziano rispettivamente alle (nostre) 6.00 ed alle 18.00 ; quindi quando ad esempio si dice “vieni alle 4 p.m. ” s’intende dire “vieni alle 22.00”.

    EUROPA – Gli uomini entrano prima delle donne nei locali pubblici per controllare la situazione (viceversa in Usa) .

    FILIPPINE – Il “NO” si indica alzando le sopracciglia.  La stretta di mano (usanza occidentale) è “leggera” e “veloce”.  Le persone dello stesso sesso possono camminare mano nella mano in segno d’amicizia.

    GIAPPONE – I giapponesi evitano il contatto visivo diretto con gli stranieri.  Poiché è considerato maleducazione mostrare i denti, talvolta si coprono la bocca quando conversano, sbadigliano oppure ridono.  I biglietti da visita vanno dati con entrambi le mani dopo aver salutato.  Per indicare qualcuno bisogna farlo con la mano intera anziché un dito. In Giappone (ma anche in altri paesi asiatici) ammettere di non sapere qualcosa vuol dire “perdere la faccia”, quindi se si chiede ad esempio un’ informazione si avrà sempre una risposta anche se potrà essere completamente falsa. E’ un gesto di estrema maleducazione starnutire o soffiarsi il naso in pubblico (se vi capita, cercate di scusarvi più che potete, se non volete offendere chi vi sta attorno). I giapponesi infatti, quando sono raffreddati, nascondono il naso sotto a una mascherina, come quella dei medici. Quindi se in Giappone vedete qualcuno così “mascherato”, sappiate che non lo fa per il troppo inquinamento. E’ tradizione donare ai defunti un solo fiore, quindi se dicidete di regalare dei fiori, regalatene sempre più di uno! I giapponesi nel loro lavoro sono precisi, meticolosi, non commettono errori ma non sono velocissimi! Si fermano a fare gli straordinari fino a tarda sera non perchè amano il lavoro ma perchè non sono riusciti a svolgere nel normale orario quanto pianificato per la giornata. Provare per credere: ritirate dei contanti a uno sportello bancario e ve ne renderete subito conto. Vomitare dopo aver trascorso una serata con gli amici e quindi dopo aver bevuto molto, non è così “irresponsabile” come per gli occidentali. Anzi, il fatto di vomitare è ben gradito perchè significa essersi sacrificati per la felicità degli amici e la gioia di stare insieme. Cioè, nonostante si sia consapevoli di non reggere l’alcool, si beve ugualmente, sacrificando la propria salute, pur di stare in compagnia. Il sumo (strattonarsi vicendevolmente) è lo sport nazionale e consiste in una forma di lotta corpo a corpo nella quale due lottatori si affrontano con lo scopo di atterrare o estromettere l’avversario dalla zona di combattimento. Anche se attualmente il sumo è uno sport tipicamente giapponese, si pensa che molti aspetti culturali di questo sport derivino comunque dalla Cina e dalla Corea. I contendenti, due lottatori esclusivamente maschi detti rikishi, si affrontano in una zona di combattimento detta dohyo. I lottatori sono organizzati in una graduatoria generale detta banzuke secondo princìpi di capacità e forza e non in categorie di peso. Caratteristica distintiva dei lottatori di sumo è l’indossare come capo di abbigliamento un particolare perizoma detto mawashi. Nel sumo amatoriale i lottatori possono essere di sesso femminile. I praticanti di sumo possono anche essere chiamati sumotori. Lo scopo dell’incontro è atterrare l’avversario o spingerlo fuori dal dohyo. Durante un combattimento è vietato: colpire a pugno chiuso; infierire con le dita negli occhi; tirare i capelli; colpire petto o stomaco. Durante l’anno si svolgono 6 tornei in varie città del Giappone. La durata di un torneo è di 15 giorni. Ogni giorno vengono svolti molti incontri e i rikishi si affrontano tra loro. Il rikishi che dovesse vincere più incontri degli altri vince il torneo. I risultati conseguiti durante ogni torneo contribuiscono a far salire o scendere il rikishi nella graduatoria generale detta banzuke. Il sumo, oltre che sport di combattimento, è considerato essere una vera e propria forma d’arte. I riti principali relativi al sumo sono: lo shiko (un movimento particolare nel quale un rikishi si posiziona a gambe larghe con le ginocchia piegate e, alternativamente, solleva le gambe in aria sbattendo violentemente i piedi a terra: yale movimento ha finalità ginniche di stretching ed anche rituali per allontanare demoni ed intimorire l’avversario.); lo Yokozuna dohyohiri (l’inizio della giornata di combattimenti non può avere inizio prima dell’ingresso ufficiale dello yokozuna e dell’esecuzione di movimenti tradizionali che vedono il grande leader del banzuke compiere il rituale propiziatorio); il Makuuchi dohyohiri (yutti i rikishi della categoria dei Makuuchi all’inizio della giornata di combattimento salgono sul dohyo e si presentano al pubblico: la presentazione prevede un cerimoniale fatto di movimenti tradizionali con le braccia e di scaramantici movimenti con un particolare grembiule detto kensho mawashi colorato con i simboli rappresentanti il rikishi); il lancio del sale (prima di ogni incontro, i rikishi raccolgono da un apposito contenitore una manciata di sale e la lanciano sul dohyo; tale gesto è propiziatorio e ben augurante finalizzato a proteggere i rikishi da sfortunati scontri, ferite, infortuni e cadute).

    INDIA – Girare la testa come per dire “no” significa “SI”, mentre per dire “NO” agitano lateralmente la testa accompagnata da un gesto sprezzante della mano. Poiché in alcune lingue indiane non esiste il termine “grazie” o ” per piacere” (o comunque sono parole tradizionalmente poco usate) noi occidentali potremmo erroneamente pensare che gli indiani sono maleducati.

    INDONESIA – Il segno fatto con il pollice che per noi significa “OK” per gli indonesiani significa “dopo di te “. La forchetta serve solo a spingere il cibo nel cucchiaio e quindi va tenuta nella mano sinistra (ed in genere in Oriente è meno usata del cucchiaio).

    ISLANDA – L’alfabeto islandese ha 32 lettere. Alla A segue la Á e così via fino alla Ö (considerata una lettera a parte e non una variante della O). Nell’elenco telefonico gli abbonati sono elencati in ordine del loro nome e non del cognome. I cognomi stessi sono rari, solitamente quelli che vengono percepiti come cognomi sono semplicemente indicazione del nome del padre con il suffisso -son per i figli oppure -dottir per le figlie. Questi nomi vengono mantenuti anche in seguito a matrimonio. È frequente dare ai propri figli i nomi già presenti in famiglia. Molti islandesi sono in grado di ripercorrere il proprio albero genealogico fino ai tempi della colonizzazione. Una particolarità è la festività del Sumardagurinn fyrsti del primo giorno d’estate: cade il primo giovedì dopo il 18 aprile. Si tratta del primo giorno del primo mese estivo Harpa secondo l’antica suddivisione islandese dei mesi. Molto prima dell’introduzione dei regali di natale, questo era il giorno per i regali ai bimbi. Gli antichi nomi islandesi dei mesi sono ancora in uso. Anticamente si distingueva solo tra le stagioni “inverno” e “estate”. Tuttora l’età dei cavalli viene contata in inverni e non in anni. Il mese Þorri è il quarto mese invernale, durante il quale si festeggia Þorrablót, simile al carnevale. Un’altra festa è quella degli impiegati Verslunmannahelgi il primo lunedì di agosto, durante il quale molti islandesi approfittano del fine settimana prolungato per fare gite fuoriporta e grandi feste.

    KENIA – Mai indicare qualcuno con il dito. Gli stranieri non devono mai toccare un keniota anziano.

    MAROCCO – Leccarsi le dita delle mani durante un pasto vuol dire: “sono sazio”. Evitare di rifiutare un invito a casa. Agitare le braccia (come noi usiamo fare per salutare) vuol dire “vieni qua”.

    MESSICO – E’ estremamente offensivo il gesto fatto con le dita a forma di “V” tenute sotto il naso. Nello Yucatan se si vede un bel bimbo si accarezza sulla testa altrimenti si crede che si possa ammalare.

    NEPAL – Nei templi non bisogna indossare od avere oggetti di cuoio.

    NIGERIA – Se si parla con una persona dello stesso sesso bisogna guardarla negli occhi, se si fa lo stesso con il sesso opposto è interpretato come un invito sessuale.

    PERU’ – Se si accende una sigaretta in pubblico è buona norma offrirle a tutti coloro che stanno vicini.

    SCOZIA – La Great Highland Bagpipe (GHB) o cornamusa scozzese è uno strumento musicale che appartiene alla famiglia degli aerofoni a serbatoio (o a sacco) come la nostra zampogna, pure essendo da questa assai differente per estensione musicale, tono, volume e tecnica. Si compone di un “bag” o sacca, originariamente in pelle ma oggi sempre più spesso in materiale sintetico, cui sono collegati un “blowpipe” o insufflatore e quattro canne musicali.

    Il kilt è un indumento maschile che consiste in un pezzo di stoffa arrotolato intorno alla vita (simile alla gonna femminile) ed allacciato. Anticamente il kilt era realizzato con un pezzo di stoffa lungo abbastanza da essere poi appoggiato sulla spalla (dopo essere stato arrotolato intorno alla vita). In realtà il kilt è stato inventato da Thomas Rawlinson, un’eccentrico nobiluomo inglese dell’800, che, per una festa in maschera, si vestì in questo modo pittoresco, con quella gonna che ormai tutti pensano tanto “tradizionale”: il gentile ed educato Rawlison voleva prendere in giro la schiatta scozzese, ma non sapeva invece di diventare propugnatore di una nouvelle vogue! Il kilt viene oggi associato all’indumento tradizionale delle Highlands scozzesi, dove viene realizzato in tartan ed è solitamente indossato insieme ad uno sporran, cioè una borsetta di cuoio utilizzata per trasportare denaro. Questo indumento, nel folklore comune, era ed è portato rigorosamente senza niente sotto, utilizzato tuttora come abito da cerimonia. Un tartan è un particolare disegno realizzato con fili di tessuto colorato intrecciati tra di loro a formare geometrie caratterizzate da bande alternate di colori diversi che si intrecciano ad angolo retto. Il tartan nell’era moderna è associato alla Scozia ed in particolare ai clan scozzesi: ogni clan ha il proprio disegno che lo contraddistingue.

    SIRIA – Chiamare qualcuno schioccando le dita NON è un gesto maleducato.

    SPAGNA – La corrida è antica tradizione popolare e da molti estimatori è considerata sport: difatti i toreri si allenano come atleti e i migliori accumulano fortune finanziarie. La corrida è una tradizione popolare praticata in varie zone della Spagna e in maniera spesso diversa anche in Portogallo, sud della Francia, alcuni Paesi dell’America latina come Messico, Perù, Venezuela, Ecuador e Colombia. Da molti cittadini spagnoli è considerata una tortura legalizzata, mentre tanti altri la considerano un’arte. Le regole sono più o meno definite anche se vi possono essere varie differenza da caso e caso. In genere in una corrida tre toreri “toreano” sei tori alternandosi tra loro. All’inizio della corrida tutto l’insieme delle persone che verranno coinvolte escono nell’arena (paseíllo), sfilando in un corteo davanti al pubblico. Prima due alguacilillos che chiedono simbolicamente al presidente (unico giudice della corrida) le chiavi della porta da dove usciranno i tori. Poi i tre toreri seguiti dalle rispettive cuadrillas composte di due picadores a cavallo, tre banderilleros e gli incaricati di ritirare il corpo del toro dopo che questo sarà stato sacrificato. Ogni toreada è poi suddivisa in tre o quattro parti. Nella prima il torero studia il toro, saggiando con la cappa la corsa e la prestanza del toro. Nella maggior parte dei casi, in questa parte entrano anche i picadores che a cavallo sfiancano il toro con una lancia mentre questo tenta di rovesciare il pesante cavallo bardato (a volte riuscendoci). Successivamente i tre banderilleros infilzano le banderillas nel corpo dell’animale. Infine il torero con una cappa più pesante all’inizio (capote) e più leggera in seguito (muleta) torea il toro sfiancato per poi tentare di finirlo trafiggendolo al cuore con la spada. La bravura del torero è valutata anche nell’efficacia e rapidità di questo gesto, una sola stoccata basta ad uccidere il toro altre volte bisogna ripetere l’operazione più volte. In tutti i casi il toro viene poi ucciso con un colpo di grazia sicuramente mortale dato dai peones al toro moribondo. A seconda del comportamento del torero e della qualità del toro il presidente su richiesta del pubblico può offrire al torero una, due orecchie o come massimo onore la coda, che vengono tagliate una volta che l’animale è stato ucciso. Infine il toro viene trascinato fuori dall’arena per essere macellato. Oltre che la tradizionale corrida a pie, cioè con il torero che affronta il toro a piedi, ne esiste anche una che prevede che il torero monti un cavallo senza protezioni. Quest’ultimo tipo è detta rejoneo.

    SRI LANKA – E’ buona norma entrare a piedi nudi nei templi, inoltre è considerato oltraggioso lo scambio di qualsiasi tipo di effusione (anche solo tenersi per mano) all’interno degli stessi. E’ severamente proibito rivolgersi di spalle alle statue del Budda: farsi fotografare in un simile atteggiamento può comportare la sconsacrazione della statua, con la conseguente distruzione o rimozione.

    STATI UNITI – E’ uno dei paesi dove quasi dappertutto è vietato fumare. Le donne entrano prima degli uomini (cavalleria) nei locali pubblici (viceversa in Europa). Non è maleducato indicare qualcuno con il dito. Non è maleducato mangiare con la mano sinistra sotto il tavolo (usanza derivata dal selvaggio West, quando la mano nascosta era pronta ad afferrare il revolver). L’invito a casa è quasi sempre un pro forma e quindi non bisogna dargli un grande peso. Una forte pacca sulla spalla è segno di stima. Il numero 3 è indicato con le dita centrali della mano (indice, medio, anulare) piuttosto che con le prime (pollice, indice, medio) come avviene generalmente in Europra.

    SUD PACIFICO (POLINESIA / MELANESIA) – Le mance sono poco usate e talvolta considerate un insulto (ultimamente un po’ meno!). Comunque non bisogna mai insistere troppo. Il saluto che vuol dire ” buona fortuna, buona sorte” si fa con la mano chiusa e le dita pollice, indice e mignolo alzati. Il tempo è una variabile piuttosto elastica. Ogni popolo del Sud Pacifico ha il suo motto per dire che il tempo è relativo, quindi mai pretendere puntualità e fretta neanche dagli organi “ufficiali”. Mai fraintendere i costumi apparentemente “aperti” delle donne Tahitiane (retaggio del passato), in realtà sono religiosissime e come tutto il Sud Pacifico molto bigotte, infatti è pressoché sconosciuta la prostituzione. I figli (soprattutto alle Fiji) non sono “proprietà” dei genitori ma “di tutta la comunità”; non è infatti raro nei villaggi che se ne occupino terze persone.

    TAIWAN – Scuotere la testa come per dire “no” significa in realtà “SI”, mentre per “NO” si agita la mano avanti ed indietro davanti al capo.

    THAILANDIA – Quando i thailandesi si incontrano, non si stringono la mano. Il saluto abituale è il Wai, con le mani giunte come per pregare. Per tradizione, più alte vengono tenute le mani, più rispettoso è il saluto; così è facile, osservando due persone, indovinare quale sia il loro rango relativo. Il rispetto ed il rango tuttavia in Thailandia dipendono da molte variabili, come l’età, l’occupazione e la posizione sociale. Per un forestiero è sufficiente fare il gesto.

    I thailandesi sono troppo gioviali e tolleranti per aspettarsi che un forestiero (“farang”) conosca e rispetti i loro usi, ma anche qui può essere d’aiuto sapere ciò che si fa e ciò che non si fa. Le cose che possono irritare i thailandesi sono la mancanza di rispetto per la monarchia. Il re è intoccabile e in passato era persino considerato sacro; è il protettore della nazione e anche il sommo cerimoniere di tutti i riti buddisti. Ai simboli della sua autorità è dovuto il massimo rispetto. Parlare della famiglia reale è tabù. Anche il mancato rispetto della religione buddista e dei suoi simboli è considerato irritante. Trattare con deferenza una qualsiasi rappresentazione del Buddha è un grave sacrilegio. Non bisogna mai appoggiarsi ad una statua di Buddha. Nel passato alcuni forestieri si fecero fotografare seduti sulla testa di una grande statua di Buddha: un doppio insulto, perché la testa è considerata la parte più sacra del corpo. Nei templi (“wat”) si deve togliere le scarpe prima di entrare nell’edificio con la principale immagine di Buddha, davanti alla quale i fedeli siedono sul pavimento rendendo omaggio. Una donna è guardata in cagnesco se entra in un tempio in short o con altre parti del corpo scoperte. I monaci sono intoccabili e non si deve rivolgere loro la parola a meno che non siano questi a farlo per primi. Si deve cedere loro sempre il passo; le donne non devono toccarli per nessuna ragione, nè possono consegnare qualcosa direttamente a loro. Se dovesse capitare che una donna debba dare qualcosa a un monaco e non ci sono uomini nelle vicinanze per fare da tramite, la donna metterà l’oggetto su un tavolo o sul pavimento, si allontanerà e il monaco lo raccoglierà.

    E’ normale vedere due thailandesi maschi camminare mano nella mano per la strada, segno di amicizia, nient’altro. Mentre è raro vedere un uomo e una donna mano nella mano, perché manifestare in pubblico attrazione o affetto per l’altro sesso è un antico e fortissimo tabù.

    Durante la guerra del Vietnam, quando Bangkok era piena di soldati americani in licenza, la critica più frequente che veniva loro rivolta riguardava il loro comportamento in pubblico con le ragazze dei bar, che era del tutto innocente se riferito ai modelli americani. L’esperienza ha lasciato tracce profonde e non sono poche le ragazze di buona famiglia che evitano anche di essere viste in compagnia di uno straniero “farang” per non essere oggetto dell’eventuale disprezzo dei connazionali.

    Nelle relazioni con i thailandesi ricordate di sorridere sempre, di essere sempre gentili, di reprimere ogni voglia di esternare i vostri sentimenti. Non dimostrate né simpatia né antipatia. Il sorriso per i thailandesi è molto più che comunicare: è un modo di esistere che accomuna etnie diverse e affascina il visitatore straniero.

    Non toccate mai la testa a nessuno, neanche a un bambino, perché in essa risiedono lo spirito e l’anima e perciò è considerata una parte sacra del corpo.  I piedi sono considerato la parte meno nobile del corpo, in quanto la più bassa del corpo, è pertanto considerato sbagliato indicare qualcuno con il piede, specialmente se lo si fa apposta. I thailandesi sono così preoccupati di questa eventualità che evitano di accavallare le gambe; se proprio non ne possono fare a meno, tengono le punte rivolte verso terra. Dato che ogni movimento della mano ha un suo preciso significato evitare di gesticolare quando si parla (anche i locali lo evitano). Quando si deve porgere una cosa ad una persona, devono essere utilizzate entrambe le mani o al massimo la mano destra, mai la sinistra poiché usata per le abluzioni intime. Le scarpe non vengono usate nelle abitazioni private, negozi e guesthouse; in questi ambienti è buona norma toglierle oltre naturalmente nei templi. Nei casi in cui si è ospiti di un thailandese, è sempre buona cosa accettare e assaggiare quando viene offerto, rifiutare apparirà un atto di scortesia. Il coltello è poco usato, il cibo (in genere morbido o già a pezzetti) si taglia con la forchetta (bacchette a parte).

    Il calendario Thailandese è avanti di 543 anni in quanto non si riferisce alla nascita di Cristo bensì alla morte di Buddha.

    TUNISIA – Inclinando la testa all’indietro facendo schioccare la lingua significa “NO”. Unire il pollice a tutte le dita della mano significa: “un attimo di pazienza”. Chiamare qualcuno schioccando le dita è un gesto maleducato.

    YEMEN – Non regalare niente ai bambini anche se insistono ed anche se il rifiuto può far loro scatenare reazioni come il lancio di sassi. Infatti i genitori non apprezzano il gesto poiché temono che il ricevere regali non faccia imparare ai figli un mestiere.

    ZIMBABWE – Il contatto visivo diretto è considerato maleducazione soprattutto nelle campagne.

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